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Barriere architettoniche…e mentali

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Dicono che se non la vivi una situazione, se non la provi sulla tua pelle, non puoi comprenderla. Per me è stato così: prima di ricevere la diagnosi di sclerosi multipla, alcune problematiche non le notavo. O meglio, non le capivo fino in fondo.

Da quando lei c’è, il mio modo di rapportarmi con le diverse sfere sociali, famigliari o lavorative, è mutato. In particolare, da quando deambulo con un bastone, ho iniziato a conoscere ed a scontrarmi con il fantastico mondo delle barriere architettoniche.

Ma cosa sono? Qualunque elemento costruttivo che impedisce o limita gli spostamenti o la fruizione dei servizi. Il termine “barriera” infatti, ci dà l’idea di un ostacolo, un muro. Ma questi ostacoli si possono superare? Questi muri possono essere abbattuti? Spesso e volentieri mi capita di camminare su marciapiedi sconnessi o pieni di buche. Una semplice passeggiata, andare all’Università, fare la spesa o qualsiasi altro impegno quotidiano, diventano una lotta estenuante: ne uscirò viva?!

Scale ovunque. Parliamone. Se sei in compagnia puoi chiedere un braccio al tuo accompagnatore, ma se sei sola, in quel negozio, in quella libreria, in qualsiasi posto tu voglia entrare, beh, mettiti l’anima in pace perché devi fare marcia indietro.

Ti ritrovi davanti a muri che ti limitano, ti fanno sentire diversa, esclusa, messa da parte.
Quando dico per l’appunto che non sono come gli altri, vengo ripresa. Ma per me esiste una differenza tra “normale” e “diverso” in quanto io, e chi come me, non ha la possibilità e la serenità di fare cose semplici.

Io non voglio un trattamento speciale perché ho la SM, ma avendo questo limite ho il diritto ad avere un’accessibilità a 360°. Non è mica colpa mia se la vita mi ha giocato questo brutto scherzo,perché devo pagarne le conseguenze in questo modo?

Le barriere architettoniche sono in primis delle barriere mentali, esistono per una mancanza di conoscenza, di sensibilità e di interesse a problematiche che purtroppo sono all’ordine del giorno.
E questo mi fa rabbia perché io faccio parte di questo mondo, e non dovrei pormi continuamente il problema di dove andare perché non ho una risposta adeguata ai miei bisogni. Eppure la triste realtà è questa.

Ma io credo nell’informazione, nella sensibilizzazione, voglio credere che non saremo più gli “invisibili”. Bisogna far sentire la nostra voce. E anche se questo è stancante, il più delle volte sono battaglie perse, non voglio far finta di nulla. Faccio sentire a gran voce i miei bisogni, qualcuno prima o poi mi ascolterà.
Non è facile, ma io ci spero in un cambiamento.

Gandhi disse: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Io inizio da qui.

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